Un caffè con Stella Perrone... - Letteratura Alternativa

Un caffè con Stella Perrone…

Romina Tondo intervista Stella Perrone, compagna di vita di Roberto Galli, autore del libro:
“La mia vita”

Erica e Stella

 

Ciao Stella! Benvenuta in questo spazio letterario.
Oggi racconteremo il libro di Roberto dal tuo punto di vista. Vorrei portare alla luce la storia drammatica di Roberto, ma anche e soprattutto la sua vitalità, la sua forza e il suo entusiasmo, che ho conosciuto attraverso le tue parole…

 

Come descriveresti Roberto con tre aggettivi?

Tenace, Determinato, Colto.

E come descriveresti il suo libro con tre aggettivi?

Vero, coinvolgente, autobiografico.

E oggi… Guardandoti indietro, come descriveresti te stessa con tre aggettivi?

Testarda, Appassionata, Creativa.

“La mia vita” di Roberto: cosa rappresentava per lui questo libro, cosa doveva rappresentare per gli altri secondo lui e cosa rappresenta oggi per te.

Dopo 5 mesi di ospedale Roberto è tornato a casa privato della sua autonomia, paralizzato dalla cintola in giù, totalmente dipendente da una persona 24 ore su 24, da farmaci, da ausili di ogni tipo, in un corpo che “non era più il suo”, violato dalla malattia e dalla sofferenza. Per un uomo come lui, perennemente in movimento, con la tendenza a voler gestire e controllare ogni cosa, la sua nuova condizione era inaccettabile. Abbiamo a lungo discusso, ripercorso la nostra vita così “piena”, così bella, così intensa, così unica, ma anche così drammaticamente strappata, lacerata, rubata. Sono stati momenti terribili, difficile descrivere i nostri stati d’animo, ma avevamo il dovere di “reagire”, di trovare di nuovo un senso per le nostre vite, qualcosa di sostenibile nella nuova condizione. Roby ha compreso che doveva investire la sua spiccata lucidità non per piangersi addosso, anche se ne avrebbe avuto tutti i diritti, ma per lasciare traccia di lui e ha desiderato improvvisamente scrivere, raccontare la sua vita: aveva uno scopo; ogni mattina si svegliava e aveva il desiderio di scrivere. Ha preparato una scaletta, ha pensato, ha scritto, ha sorriso, era impegnato in un progetto che lo rendeva felice, pur nella sofferenza. Scrivendo ha preso maggiore consapevolezza di quanto la sua vita in 64 anni fosse stata così “ricca”, una ricchezza che desiderava tracciare e lasciare come testimonianza, un messaggio di vita, di quanto sia bella, di quanto sia importante non sprecare alcun attimo, anche nei momenti più cupi. Questo il messaggio per gli altri: “Vivete intensamente, non lasciate che la vita vi passi davanti, ma siatene i protagonisti, rendetela unica, ricca, intensa”.
Per me il libro oggi rappresenta un tatuaggio sulla mia pelle, toccare il libro è come riavere accanto Roberto, è la consapevolezza di aver vissuto una vita meravigliosa con lui, anche se crudelmente interrotta; rappresenta un legame per sempre, il desiderio di raccontare al mondo.

Stella, quanto ha inciso la malattia di Roberto come “sprone” a scrivere questo libro?
Ha inciso molto perché, come sopra detto, Roberto aveva la necessità di ritrovare un progetto sostenibile da portare avanti nella condizione di invalidità, aveva il desiderio di raccontare la sua vita prima della malattia e i suoi tre anni di malattia. Aveva il desiderio di scrivere ciò che si prova quando la tua vita viene improvvisamente interrotta: la disperazione, la speranza, la nuova delusione, la sofferenza, il dolore, il dolore dei tuoi cari. Ripercorrere le tappe della propria vita lo ha aiutato a mitigare la disperazione, a dirottare la voglia di urlare verso la voglia di costruire. Per me è stato terapeutico, mi ha consentito di ritrovare un po’ il “mio Roby”, quello tenace e volitivo, un uomo con passioni, idee, progetti, un uomo in grado di affrontare con estrema dignità il suo destino crudele. 

Roberto era un “cultore” dei viaggi, amava girare il mondo, conoscere nuove culture, esplorarne i diversi aspetti sociali… E questo libro non è solo un viaggio dentro se stesso, ma anche un “planisfero” esplicativo di alcuni luoghi che lui ha visitato e forse amato particolarmente…

Roberto era “IL VIAGGIATORE”. Come lui stesso ha detto, aveva la sindrome del viaggiatore, una vera e propria “malattia” che in realtà ha trasmesso anche a me. Al ritorno da ogni un viaggio, così arricchiti, così pieni di emozioni uniche, noi pensavamo ai prossimi viaggi, si continuava a progettare. Roberto amava il viaggio in tutti i suoi aspetti; curava ogni dettaglio del programma, ogni minuzioso particolare: la scelta degli hotel, le escursioni, le compagnie aeree. Si documentava in modo approfondito sui luoghi da visitare, era il perfetto “group leader”. Entrambi amavamo documentare con foto, video, racconti di viaggio. Ripercorrere le tappe, raccontarle, rivedere le immagini era nuova emozione. Roberto non ha mai smesso di desiderare di viaggiare, anche su sedia a rotelle.
“Non escludo che io prenda un aereo e vada a Chicago, succeda quel che succeda…” è stata una delle sue ultime affermazioni.

Stella… La sedia a rotelle, il dolore, la chemio, la Svizzera che significa eutanasia… Roberto lo scrive nella premessa:Certo! È facile a dirsi! Ma cosa dico a mia figlia prima di partire? Con che faccia guardo mia figlia e mia moglie per l’ultima volta?” Quanta fredda lucidità e quanta paura, quanto è stato difficile per te e per vostra figlia, compagne di vita, accettare e rassegnarsi a questa situazione così difficile e dolorosa?

Scoprire improvvisamente la malattia è indescrivibile, ci sono stati emozionali che nessuno di noi vorrebbe mai provare, ma che si possono comprendere solo se vissuti in prima persona. Per tutti noi è stato un susseguirsi di sensazioni: l’incredulità, la rabbia, la paura, la disperazione, la speranza, la necessità di trovare la forza di continuare “comunque a vivere”.  Io l’ho accompagnato sempre durante le numerose visite ed esami, ho dovuto tirare fuori una forza unica che nemmeno immaginavo di poter avere. Ho dovuto essere forte anche per lui, sostenerlo e incoraggiarlo, anche quando avrei avuto solo voglia di piangere e di spaccare tutto. Ho imparato a proteggermi con una corazza quando i medici pronunciavano inevitabili sentenze, quali “mah …due anni, al massimo tre”, “è diffuso, metastatico, aggressivo …”, “è maligno…”, “purtroppo, è una nuova neoplasia primaria”.
Sino alla “sedia a rotelle” abbiamo però trovato la forza di vivere ogni attimo come fosse l’ultimo, abbiamo vissuto con un’intensità immensa, viaggiato e progettato: quando ti resta poco tempo devi assaporare ogni momento, che ti rendi conto essere un dono unico. Abbiamo imparato a ridere comunque, Roberto era in grado di ironizzare sulla sua malattia, quell’ironia sottile e pungente che solo lui era sapeva esternare.
Abbiamo compreso che dovevamo tutelare Erica, nostra figlia, che aveva un tremendo bisogno di noi, aveva paura. Sino alla sedia a rotelle, entrambi avevamo un ricordo positivo dei momenti vissuti “accanto alla malattia” perché ci siamo sentiti ancora più uniti, perché non abbiamo mai rinunciato a vivere. Abbiamo combattuto sempre fianco a fianco ogni battaglia, cercando in ogni modo di vedere sempre il “bicchiere mezzo pieno”, di guardare il “bello” della vita e di ripercorrere i ricordi di tutto ciò che abbiamo avuto la fortuna di vivere insieme.
Roberto ha affrontato tutto con grande forza e dignità; anche durante la chemioterapia non mi ha mai privato delle uscite serali al ristorante o in pizzeria. Amava la vita e ha sempre voluto viverla intensamente.
La parola “Svizzera” è sempre stata un placebo dall’inizio della malattia, pronunciata più volte soprattutto nei momenti più difficili e drammatici, una sorta di “coperta di Linus”, l’estrema soluzione nel caso le sue condizioni di vita diventassero inaccettabili, lesive della propria dignità.
Al 14 luglio 2020 Roberto rimane paralizzato. Dal primo giorno ha dichiarato che quella rappresentava la data della sua morte. Ha fatto fatica ad accettare di vivere “a metà”, di essere stato un giorno all’improvviso privato di metà del suo corpo.  D’un tratto i suoi sogni sono stati infranti, le sue passioni calpestate, così come la sua dignità; è stato messo “a nudo” di fronte ad una vita che non riusciva a vivere… che aveva paura di vivere, combattuto tra il desiderio di poter ancora provare momenti degni di essere vissuti e il desiderio di … mettere fine a vita che aveva perso di qualità.
A noi la vita aveva donato tanto. La condizione della sua paralisi ci prospettava solo “pillole di vita” poco conosciuta e ci rendeva vulnerabili, sofferenti, umorali, inseriti in un difficile percorso che si chiama accettazione.
Anche io mi sono ritrovata un po’ paralizzata e confusa, spesso incapace di consolare la tristezza di Roberto, il “suo sentirsi” un peso inutile e dannoso per tutti, la sua autostima calpestata, il suo pianto che invadeva la mia mente e ogni poro della mia pelle.
Scrivere il libro è stato un efficace toccasana per tutti noi.

Realizzare questo libro dopo la scomparsa di Roberto… Il mio unico rammarico da editore è di non essere riuscita “ad arrivare in tempo” a far sì che lui potesse vedere il suo libro pubblicato. Ma, oggi, il libro è reale. Che emozione provi? E cosa vorresti dire a Roberto?

Vorrei che Roberto potesse vederlo. Molte volte mi ritrovo ad accarezzare quel libro come un bene prezioso. Chiudo gli occhi e ripercorro ogni tappa delle nostre, rendo vivo ciò che lui ha descritto. Ricordi bellissimi invadono i miei pensieri. Rivedo Roberto alla sua scrivania mentre scrive quelle pagine. Sono invasa da una tremenda nostalgia e ho il disperato desiderio di parlare con lui, di raccontargli le nostre vite.
Troppo forte il nostro legame, troppi momenti condivisi, troppo vivo ancora il dolore, ho bisogno di tempo.
Per Erica e per me avere il libro è come avere accanto un po’ di lui.
Roberto ha scritto il libro di getto e senza perdere tempo, proprio perché temeva di non riuscire a finire il suo progetto. Consapevole del suo destino si rendeva conto che ogni giorno “perdeva un pezzo di vita” e guadagnava un dolore più forte.
“Roby, sono sicura che lo stai vedendo il tuo libro, il tuo ultimo progetto di vita. Sei sempre stato così determinato da portare a termine ogni impresa della tua vita. Non hai mai lasciato nulla di incompiuto. La tua vita è qui accanto a noi, in queste pagine scritte e in tutte quelle che hai lasciato incise nei nostri cuori. Ti ricordi quando ti chiedevo: “Ti prego… stabiliamo un protocollo di comunicazione fra noi, oltre la morte; decidiamo dove e come potrò parlarti. Ho bisogno di saperlo, ho bisogno di deciderlo con te ora”? Tu mi sorridevi con tenerezza senza darmi risposte. È il libro, Roby, è il libro il nostro canale privilegiato, toccare quel libro, chiudere gli occhi e ripercorrere tutti i nostri sogni.”

Cosa vorresti dire, invece, a quei lettori che si accingeranno a leggere queste pagine, con quali occhi e con quali emozioni consigli di sfogliare questa autobiografia?

Il libro di Roberto è un inno alla vita, lasciatevi trasportare dai suoi racconti di viaggio e magari la sua passione vi contagerà e vi farà nascere il desiderio di conoscere il mondo.
Roberto ha vissuto la sua vita a 360°, non rimandando mai, faceva parte del suo carattere, non conosceva la parola “poi”, per lui era sempre “ora”. La vita e la morte sono due facce della stessa medaglia; quando veniamo al mondo abbiamo un’unica certezza: che il nostro viaggio terreno finirà, ma non sappiamo quando. Nel frattempo, dobbiamo vivere ogni attimo con intensità, passione, amore, entusiasmo, sapendo affrontare anche i momenti più difficili, senza mai perdere la speranza.

Stella, vuoi aggiungere dell’altro a questa chiacchierata e salutare i lettori di Letteratura Alternativa Edizioni?

Non trattenete mai “parole non dette”, non rimandate progetti che vi fanno star bene, non soffocate le emozioni, non trascurate le persone che amate, non dimenticatevi di far loro sapere quanto siano per voi importanti.
Il tempo è un bene prezioso, abbiatene cura.

 

 

Grazie Stella, le tue parole fanno da chiosa perfetta a questo “caffè”.

Alla prossima con…
Un caffè con l’editore!
Romina Tondo

 

 

 

 

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