Endy il matto ha un buco nelle scarpe consumate e un altro che si porta dentro, ma quello non si vede.
La città è deserta, avvolta da una presenza invisibile che si posa come nebbia impalpabile, sulle maschere che coprono il volto delle persone mentre gli passano davanti.A lui non gliene frega un cazzo delle regole; è nato libero e ogni giorno chiede alla morte il permesso di suonare ancora una canzone.
Sulle dita, i calli sono duri e gialli di tabacco, prende la chitarra e intona “Stairway to Heaven” sotto una scritta che impone il divieto di affissione. Se ne sta appoggiato al muro, la testa si muove a scatti seguendo le dita, mentre gli occhi chiari guardano il vuoto.
La melodia risuona delicata nel riverbero di muri antichi, eretti al cielo da mani sporche di fatica e sudore. Penso che su quella scala non ci sia spazio per noi, artefici di un destino che abbiamo costruito senza avere rispetto, e ora guardiamo al cielo e cerchiamo una via di fuga, una scappatoia, una giustificazione. Penso che non esista redenzione che possa perdonare l’irriverenza di aver violato questa terra con la nostra presunzione. Abbiamo le mani appiccicose del disinfettante che poco serve a togliere il sangue ormai impregnato nella pelle, e sulla bocca portiamo un bavaglio per nascondere la puzza del nostro orgoglio.
Endy mi guarda, ha un sorriso che gli segna il viso, ma la mente è altrove.Ora siamo soli, gli lascio qualcosa nel cappello a fianco alla custodia della chitarra, lui annuisce per ringraziarmi.
«Ti vedo pensieroso amico.» – mi dice senza smettere di suonare.
«Sono stato meglio.»
Non ho voglia di dirgli cosa penso, ma Endy il matto ha capito e vuole parlare.
«Lo vedo, amico. Sei come quelle statue con le ali di pietra. Devi cambiare cielo se vuoi volare, questo non ti vuole.»
La sua voce mi sorprende, calda, esce da quel taglio profondo che si porta addosso; quello che non si vede.
«Tu come fai? … – chiedo timoroso – Dico, a essere così… a essere felice.»
«Viaggio leggero amico. Nello zaino conservo lo stupore che provo e la meraviglia per ciò che mi circonda. Con me, porto i sorrisi e la disperazione delle persone che ho incontrato e la strada che ho percorso. Non ho le risposte che cerchi ma, forse, la felicità è una partenza senza una destinazione, forse è la rincorsa verso l’orizzonte senza cercare un confine, o, forse, è il tocco delle onde, che accarezzano la sabbia mentre cancellano i passi per essere scritti ogni giorno… forse la felicità è l’imperfezione.»
Endy il matto, sussurra parole mentre suona un altro pezzo.
Conosce solo quattro canzoni, ma le esegue come se domani fosse solo un ricordo.
Ora, sotto quel divieto, la sua voce è un monito alle regole errate e affligge un avviso alla memoria affinché non sia vana, affinché non si perda come fumo inconsistente.«Non c’è spazio per quelli come noi Endy. – sospiro – abbiamo un vuoto che non riusciamo a colmare e quella scala è vietata per chi ha l’anima compromessa. Non ci resta altro che la speranza.»
«Forse, amico. Ma non chiederlo a me perché non sono altro che un allievo disubbidiente.»